Persico Guido

Persico Guido

Persico Guido – Mi sentivo sporco dentro

ima-persicoSono originario di Valloriate, una località della bassa Valle Stura. Eravamo la tipica famiglia numerosa di una volta, con un po’ di terra e le bestie. Il mio compito era di portare le mucche al pascolo e sorvegliarle. In seguito ci trasferimmo a Borgo San Dalmazzo. Divenuto maggiorenne, entrai alla ITALCEMENTI. Lì il mio lavoro consisteva nello spaccare le pietre, frantumarle con un’apposita macchina. Non avendo la patente, già allora mi spostavo poco. Andato in pensione, le mie occupazioni preferite erano il giardinaggio e il gioco delle bocce. All’ostu, come si diceva dalle nostre parti, cioè all’osteria, l’equivalente del bar oggi, non ci andavo, perché sapevo che non mi sarei tenuto dal bere troppo. Conoscendomi, giravo alla larga da certi posti.

All’inizio del 1997 decisi di farmi mettere la dentiera. Il medico di famiglia mi prescrisse allora degli esami preventivi e, visionandoli, notò che c’era qualcosa di strano. Ulteriori accertamenti confermarono i suoi sospetti. I medici dell’ospedale Carle, a Confreria, constatò che la massa tumorale era già grande ben 10 cm e localizzata al polmone sinistro. Eppure io non mi ero mai accorto di nulla, mai un sintomo! E il mio appetito era sempre stato buono. Non avessi deciso di mettermi la dentiera, chissà quando sarebbe venuto fuori che avevo un cancro del polmone. Di certo, quando ormai era troppo tardi.

La mia reazione alla cattiva notizia fu positiva: continuai a fare le stesse cose di prima, sebbene certe volte mi sentissi più stanco del solito. Ero stato un fumatore abbastanza accanito: quasi due pacchetti di sigarette al giorno. Le prime le fumai che ero appena un ragazzino. Avevo smesso quando lavoravo ancora. In fabbrica respiravo già abbastanza sostanze dannose. Mi sentivo sporco dentro. La decisione di smettere una volta per tutte fu una scommessa con me stesso che vinsi senza problemi. Ma non mi evitò di trovarmi a lottare contro il Big Killer, come viene chiamata questa gran brutta malattia. Mi sottoposi a 5 cicli di chemioterapia, cui il mio fisico rispose ottimamente, e alla fine dei quali il tumore poteva dirsi belle che scomparso. Ciononostante, in sala operatoria ci sarei dovuto entrare lo stesso perché bisognava dargli il colpo di grazia al Big Killer, che da come mi spiegarono può sempre risvegliarsi e tornare alla carica.

Ero fermamente contrario all’intervento chirurgico: temevo di soffrire, che qualcosa andasse storto… insomma: avevo paura delle possibili conseguenze. A mio favore (o sfavore, dipende dai punti di vista), c’era il fattore bilancia: pesavo soltanto 44 kg. Troppo poco, nonostante fossi sempre stato magro e non sia alto di statura (ma non bassissimo). Finché non avessi recuperato qualche chilo, non avrebbero potuto operarmi. Quando seppi di essere malato, lasciai la casa di Borgo San Dalmazzo, dove ormai vivevo solo, e venni a stare a Demonte presso la famiglia di un mio fratello. Grazie alle loro cure e attenzioni (e a una migliore qualità della vita, non lo nego), l’ago della bilancia salì intorno ai 50 kg. I parenti, la dottoressa della mutua e un altro paziente, Giuseppe Dutto, incontrato un giorno che facevamo entrambi anticamera per la visita, mi convinsero ad accettare l’intervento: col senno di poi, ho riconosciuto che andava fatto. Il 10 ottobre 1997 mi asportarono l’intero polmone sinistro. Qualche tempo dopo subentrarono delle complicazioni, ma le superai, e da allora sono sempre stato bene, a parte i problemi connessi alla vecchiaia. Ancora oggi i parenti non mi fanno mancare il loro affetto e la loro dedizione, e lo stesso dicasi degli amici, che mi sono sempre venuti a trovare. Forse, però, la cosa che più di ogni altra mi ha dato la forza per andare avanti è stata la nascita di una nipotina, Celeste, proprio quando mi fu diagnosticata la malattia. Lei è nata per la prima volta, io sono rinato. Prima che cominciasse ad andare a scuola, mi divertivo come un matto a farla giocare: ci intendevamo a meraviglia. Da gran camminatore quale sono sempre stato, sono ancora in grado di fare in giornata 10 volte il giro di Demonte, che non sarà una metropoli, ma non è nemmeno una borgata. Oh, l’avevo precisato all’inizio della testimonianza che il mio raggio di movimento è sempre stato limitato.

Sono riconoscente verso il mio medico di base e i medici del Carle, che mi hanno seguito con professionalità e umanità. Ai giovani (e ai meno giovani) mi permetto di dare un consiglio: banale, scontato, lo so, ma proprio non posso esentarmi: non fumate. La dipendenza dalla nicotina è solo una questione psicologica. Una questione di volontà, ma bisogna crederci veramente. La sigaretta, quella sì che limita la vita!

Il commento del dott. Buccheri

Il Sig. Persico Guido è la dimostrazione vivente del fatto che la terapia del cancro del polmone ha fatto davvero qualche passo in avanti, negli ultimi anni. Si tratta ancora, certamente, di piccoli passi e, soprattutto, di piccoli avanzamenti di cui godono solo pochi fortunati pazienti. Fino a non molti anni fa, ad esempio, chi non era operabile di primo acchito, non poteva godere di una cura radicale e, praticamente, non aveva speranze di guarigione definitiva. Oggi, con le nuove chemioterapie, è possibile far regredire il tumore e renderlo, alla fine, operabile. Questo è quello che è successo al sig. Persico Guido, che il 14 maggio del 1997 si presentò a noi con una enorme massa neoplastica di 10 cm che invadeva il mediastino (tecnicamente, si trattava di carcinoma epidermoidale,T4N0M0). Il sig. Persico fu trattato con cisplatino e taxolo (5 cicli) ed ebbe una eccezionale risposta obiettiva (alla TC, rimaneva solo qualche piccolo residuo tumorale). Riconsiderato chirurgicamente, il sig. Persico fu operato il 10 ottobre 1997 e gli fu asportato tutto il polmone sinistro. All’esame del pezzo operatorio, con nostra grande sorpresa (nonostante fosse già nota la possibilità di evenienze del genere), non furono trovati “foci neoplastici”. Traduzione: la chemioterapia, da sola, aveva già fatto scomparire tutto il tumore! L’intervento tuttavia non era stato inutile, perché ci garantiva la completa radicalità, e in effetti il Sig. Persico, da quasi un decennio ormai, continua a godere, come diciamo noi medici, di uno stato “libero da malattia”. Peccato che le persone come Guido Persico siano ancora così poche!…

 

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