Tenere lontano i nipoti dal nonno che fa chemioterapia è un eccesso di zelo, o no!?…

Tenere lontano i nipoti dal nonno che fa chemioterapia è un eccesso di zelo, o no!?…

Gentilissimi dottori, mi scuso in anticipo per la mia domanda forse dettata più dall’ansia ma dopo delle ricerche su internet in cui le risposte vanno tutte quasi nella stessa direzione ho sentito la necessità di chiedere anche a voi. Mio suocero ha iniziato da poco la chemioterapia con tre farmaci di cui non conosco attualmente il nome, purtroppo ha un mesotelioma della pleura. Vorrei a questo punto chiedervi se il trattamento di chemioterapia può essere dannoso per chi gli sta accanto in particolar modo bambini piccoli sui 3 anni e donne in gravidanza. Sarebbe meglio far passare qualche giorno tra il giorno in cui viene effettuata la chemioterapia e il contatto? Ve lo chiedo in particolar modo perché i miei dubbi riguardano il fatto che i farmaci chemioterapici potrebbero in qualche modo essere espulsi dal corpo tramite sudore, saliva o con delle ferite e potrebbero passare ai bambini (ad esempio con le mani in bocca) creandogli dei problemi. È possibile ciò? Addirittura su internet ho letto delle testimonianze di persone che venivano raccomandate dalla propria ginecologa di non stare a contatto durante la gravidanza con persone in chemioterapia oppure di non usare gli stessi servizi igienici di chi fa chemioterapia in quanto i medicinali vengono espulsi anche con le feci e le urine. Altri invece parlavano di far passare al limite qualche giorno per far smaltire i farmaci all’interno del corpo. Ma esiste realmente questo lasso di tempo in cui i farmaci vengono smaltiti dal corpo e quindi si potrebbe stare più sicuri nel contatto con i bambini e le donne in gravidanza? Insomma non vi vorrei annoiare e infastidire ma come vedete c’è in me molta confusione perché da un lato voglio tutelare i miei bambini però dall’altro capisco anche il momento delicato che mio suocero sta passando. Vi ringrazio infinitamente per i vostri servizi. Un caro saluto e buon lavoro, grazie davvero. Alessia


Cara Alessia...

ti ringrazio per la domanda che penso si saranno poste tante mamme quando hanno un nonno, o una nonna, che abita nella stessa casa dei propri figlioletti ed è in cura per un tumore.

Come sempre nella vita, la risposta non è del tipo “tutto o nulla”, e l’eccesso di zelo è dietro l’angolo.

Intanto, chiariamo alcuni punti:

  1. La concentrazione ematica dei chemioterapici iniettati in un malato oncologico è estremamente inferiore alla dose totale iniettata, per evidenti ragioni fisiche. Iniettando, ad esempio, una dose totale di 150 mg di cisplatino, questo si diluisce in 5 litri di sangue il che significa che in un ml di sangue, quantità molto al di sopra di ciò che uno può accidentalmente ricevere per contatto diretto, vi sono 0,03 mg di cisplatino.  Una dose davvero ridicola il cui effetto tossico per il sistema emopoietico è zero, e prossimo allo zero è anche l’eventuale effetto mutageno sulle cellule normali.
  2. Come giustamente sottinteso dalle tue parole, la concentrazione ematica del chemioterapico si riduce molto rapidamente man mano che la molecola viene assorbita dai tessuti del malato, e viene eliminata attraverso il sistema escretorio renale e/o digestivo.  Dopo una media di 3 giorni, effettivamente, la concentrazione del chemioterapico nel sangue della persona trattata è divenuta risibile.

In pratica, i rischi del contatto con il nonno per i nipoti sono davvero minimi (sicuramente inferiori, per esempio, ad una esposizione a fumo passivo, proveniente, magari, dallo stesso nonno… 😉 ) e, dall’altra parte, l’allontanamento dei nipoti verrebbe vissuto dal nonno (o nonna) come un ulteriore evento doloroso.  Io ti consiglieri semplicemente di concedere ai nipotini di avvicinarsi al nonno, con un pò più di attenzione nei primi due/tre giorni.

Cordialmente,

Gianfranco Buccheri

GIANFRANCO BUCCHERI

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