SSN: catena di montaggio?

SSN: catena di montaggio?

Riceviamo questa lettera dal figlio di un paziente e pubblichiamo. A nota una breve riflessione del Direttore Medico


Buongiorno a tutti i malati ed ai famigliari.
La mia vuole essere una segnalazione per carenze e inefficienze che creano notevoli danni ai pazienti e ansia e senso di impotenza in famiglia.

Vivo nel triangolo industriale italiano e mio padre, affetto da adenocarcinoma IV stadio, è seguito da un grande centro cittadino.

Avviene che i miei genitori si trovino fuori città e il babbo una notte ha un attacco grave di dispnea. Il 118 lo porta in una grande struttura della zona non specializzata nel cancro del polmone.

E qui la prima grande pugnalata: quando la mamma chiede al medico che prende in carico mio padre quale sia il problema e cosa bisogna aspettarsi e come ci si potrà procedere, questi, come unica risposta dice “Ma lei, signora, sa cosa ha suo marito?”, come a dire che un malato di cancro del polmone è un paziente spacciato a prescindere, il che corrisponde ad una grave ignoranza (nel termine lessicale di chi non è al corrente) sulla patologia di questo medico ospedaliero che non conosce i passi da gigante fatti dalla ricerca e non ha la minima idea di quali siano le terapie disponibili per la neoplasia polmonare…

Ora mi chiedo: come può una qualunque azienda sanitaria permettere ad un professionista di fare affermazioni catastrofiche che servono solo ad annichilire il malcapitato che si trova a subirle?

Ma la storia continua con il trasferimento ad altra struttura locale, questa volta molto più piccola, con un reparto di oncologia generalista. Anche qui la mamma cerca informazioni, come ci insegnano i libretti informativi che ALCASE ogni tanto traduce dall’inglese; mi riferisco all’opuscolo della GO2 Foundation in cui più volte si consiglia di porre domande chiare e puntuali all’oncologo… (un altro mondo i centri oncologici americani!)

E infatti mia madre appena tenta di porre la prima domanda ad un medico, questi la interrompe alle prime parole con un secco e sgradevole “Signora, lei mi sta facendo perdere tempo”!
La mia mamma, che segue costantemente il gruppo Sconfiggiamo il cancro del polmone, non si lascia poi tanto intimidire ed insiste, ma per tutta risposta riceve delle risposte classiche che utilizzano i prepotenti e gli arroganti “Non capisce che se facessero tutti come lei, io non avrei tempo per assistere gli altri pazienti?”

Eh, no, questo è un atteggiamento non da medico, ma da operatore addetto alla catena di montaggio! Forse che lo stato italiano stia incentivando i medici a lavorare a cottimo? O forse è il medico che ha dimenticato il giuramento nella parte che cita “Mi asterrò dal recar danno e offesa”.

Sul recar danno verificheremo in seguito . Quello che rimane è l’offesa che questo medico ha arrecato alla mamma, unita ad umiliazione ed ansia, senza contare che si è sottratto all’obbligo al “consenso informato”, che ha negato a mia madre, visto che in quel momento mio padre non era in condizioni di lucidità.

In che mani siamo obbligati a curarci, quando in emergenza sei costretto a rivolgerti a strutture che non sono quelle a cui si fa normalmente riferimento?

Forse il SSN dovrebbe dotare i malati di neoplasia polmonare di un libretto di istruzioni per quegli operatori medici poco efficienti, ma troppo pieni di sé, per comprendere che un malato oncologico ed un caregiver hanno bisogno di rassicurazioni e di supporto, non di regole da linea di produzione.

Giovanni


Caro Giovanni,

comprendo il tuo sfogo e penso che si tratti di una situazione che vivono molti altri malati e caregiver…

Si tratta di una condizione molto triste, che non ritengo si verifichi principalmente per colpa dei medici (la maggior parte dei quali cerca sempre di fare del proprio meglio, pur essendo costretta ad adeguarsi alle regole del sistema sanitario) ma di chi è al vertice del sistema stesso. Ovvero, dei politici che, senza alcuna preparazione, si permettono di fare i manager di organizzazioni estremamente complesse come sono i grandi ospedali e che non rispondono del loro operato all’utenza, ma solo ad altri politici!…

Ti racconto dell’organizzazione della Mayo Clinic, che visitai tanti anni fa, in più occasioni.  Lì gli oncologi impiegavano il 40% del loro tempo di lavoro in studio, ricerca e didattica ed il 60% in visite, di 50 minuti circa, ai malati prenotati per quel giorno e alla discussione, allargata ai familiari, del caso clinico.  La visita terminava con una scelta terapeutica condivisa.  Finita la visita, l’oncologo dettava al registratore cosa scrivere in cartella clinica e nella lettera al medico curante (5-10 minuti).  Per tutte le pratiche burocratiche (richieste esami, prenotazioni, pratiche di ogni genere…) c’era -appunto- un burocrate che aveva l’incarico di occuparsene.  Son sicuro che tutti i medici italiani (ed i loro pazienti) sarebbero più che felici se i nostri ospedali funzionassero così!!

Cordialmente,

Gianfranco Buccheri

Direttore Medico

 

 

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